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Assegno divorzile se ci si è sacrificati per la famiglia

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SI’ ALL’ASSEGNO DIVORZILE SE SI SONO FATTI SACRIFICI LAVORATIVI IN NOME DELLA FAMIGLIA

La Corte di Cassazione con sentenza del 4 ottobre 2023, conferma la debenza dell’assegno divorzile alla moglie che ha rinunciato, anche solo in parte, al lavoro per dedicarsi alla famiglia.

Con la sentenza in commento la Suprema Corte di Cassazione conferma la debenza, in sede di divorzio, dell’assegno di mantenimento alla moglie che si sia dedicata alla famiglia ed alle relative esigenze, rinunciando ad occasioni lavorative e di crescita personale.

L’importanza di questa sentenza risiede nella circostanza che il Supremo Giudice espressamente affermi che per il riconoscimento di questo assegno non sia necessario che il coniuge economicamente più debole abbia rinunciato del tutto al lavoro ed alla carriera per dedicarsi ai figli e alla famiglia, dovendo questo assegno essere riconosciuto anche se la rinuncia al lavoro è stata parziale, quale che sia la ragione per la quale vi è stata questa rinuncia.

Quel che conta, ai fini dell’attribuzione dell’assegno di divorzio è, infatti, che il coniuge –  la cui situazione reddituale e patrimoniale sia squilibrata (verso il basso)  rispetto quella dell’altro – abbia dedicato tempo ed energia alla famiglia, sottraendoli al lavoro e alla carriera.

Si pensi al caso in cui nell’interesse della famiglia si decida di svolgere un lavoro part time anziché uno full time, ovvero si rinunci ad occasioni professionali, piuttosto che a  promozioni, nuovi incarichi e/o avanzamenti di carriera, in quanto comportano allontanamento dalla famiglia per periodi più o meno lunghi di tempo, ovvero si accetti un lavoro meno remunerato, per non sottrarre eccessivo tempo al coniuge, ai figli e alla casa.

Ciò significa, in altri termini, che l’assegno di mantenimento divorzile vada riconosciuto  non solo alla moglie casalinga che si sia dedicata totalmente alla vita familiare, ma anche  al coniuge che, pur avendo una propria indipendenza economica, svolgendo attività lavorativa, al termine della vita di coppia, si ritrovi con una situazione patrimoniale e reddituale deteriore rispetto quella dell’altro coniuge,  avendo deciso di sacrificare le sue occupazioni lavorative ed i conseguenti maggiori introiti nell’interesse della famiglia, contribuendo così, anche solo in parte, all’incremento del patrimonio familiare e di quello dell’altro coniuge.

Così come non rilevano, ai fini del riconoscimento dell’assegno, i motivi per cui si è rinunciato o si è ridotta l’attività lavorativa – ad esempio perché si aveva un rapporto conflittuale con il datore di lavoro – rilevando, piuttosto, che il tempo sottratto al lavoro si sia convertito in tempo per la famiglia, consentendo in tal modo all’altro coniuge di dedicarsi interamente, allo svolgimento del proprio lavoro, con le conseguenti gratificazioni economiche.

 

Avv. Paola Martino

 

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